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Juventus: non chiamatela più “Signora”

Posted by ladycalcio su mercoledì, aprile 22, 2009

Le scuse fra i denti da parte di Cobolli Gigli, il goffo silenzio di Ranieri e infine, in un impeto di rabbia malcelata, il ricorso contro la decisione del Giudice Sportivo di far disputare Juve-Lecce del 3 maggio prossimo a porte chiuse, nell’improbabile speranza di trasformarla in una pena pecuniaria. Questo il corso inaudito degli eventi scatenati dagli insulti razzisti contro Balotelli in Juve-Inter di sabato scorso.

La mossa della Società bianconera è emblematica di ciò che la Juventus è realmente, in antitesi a ciò che vorrebbe sembrare: una nobile decaduta, e non soltanto nei valori calcistici. Il suo Presidente, assertore di un presunto nuovo corso, ha perso l’ennesima occasione per dare la vera svolta in termini di sportività.

Premetto che il personaggio non mi ha mai convinta: sotto la mano di vernice delle belle parole di circostanza, nasconde la ruggine di un astio divorante verso lInter, di un livore che non riesce a reprimere né a celare. È come un fuoco che cova sotto la cenere, un vulcano nell’anima perennemente in procinto di esplodere.

Non riescono a farsene una ragione, i bianconeri, di dover mangiare la polvere. Senza gli aiuti che sappiamo, l’ex-Signora del calcio italiano non riesce più a vincere . Ora, la Juve è la regina della faziosità, dell’indottrinamento,  dei commenti tendenziosi, figli della rabbia cieca e dello sfacelo dei valori. O forse, più semplicemente, del non voler guardare in faccia una verità che fa male.

Malafede o provocazione? Me lo sono domandata leggendo il titolo di ieri di Tuttosport (“Paga ancora la Juve”) e osservando le coreografie della curva juventina nell’incontro di sabato, che voleva 29 Scudetti “vinti sul campo”. Parole e immagini che danno il voltastomaco.

La Juve già era uscita a pezzi dalla decisione del Giudice Sportivo Tosel (che motivava il suo provvedimento con i cori reiterati provenienti non soltanto dai settori ultras, ma estesi a gran parte dello stadio), dal non aver tentato nulla per dissuadere i propri sostenitori dalle manifestazioni razziste, dall’essersi distinta per l’ennesima volta all’estero come vergogna del calcio italiano. Non appagata, si è lanciata per partito preso in un ricorso che, con tutta probabilità, è destinato ad essere respinto e a lasciarla“cornuta e mazziata”. Perché allora presentarlo?

Forse, allo scopo di alimentare quel lagnoso vittimismo che da tempo ne contraddistingue dirigenti e tifosi. Nel momento in cui il ricorso non venisse accolto, ci si potrà sempre autocommiserare affermando che, tanto, “paga sempre la Juve”, come ha già fatto Tuttosport.

Fra i primi a dare il bell’esempio (si fa per dire) Lapo Elkann, che il Corriere della Sera di ieri cita con la frase “Basta usare la Juventus come capro espiatorio”. Fra i sostenitori bianconeri, da segnalare l’allucinante intervista con un capo tifoseria condotta lunedì sera da Fabio Ravezzani a QSVS (Antenna 3). Secondo Christian – questo il nome del ragazzo – gli insulti a Balotelli non sarebbero stati di matrice razzista, bensì frutto di “leggerezza” nel lo scegliere un tema per fare il tifo contro. Tifo contro che, secondo il pazzesco “ragionamento”, verrebbe costruito ad ogni partita scegliendo, fra i giocatori della squadra avversaria, quello che offra il “pretesto” più immediato per essere preso di mira: il “negro” se scuro di pelle, il “terrone” se meridionale, il “pelato” se calvo, e via dicendo. Il tutto, condito da epiteti che non sto a ripetere.

È il momento delle proposte. Massimo Moratti medita il ritiro della squadra dal campo in simili circostanze, il Presidente della Federcalcio Abete l’opportunità di dare più poteri all’arbitro, le varie società si prodigano in iniziative simboliche come quella annunciata per giovedì sera dall’Inter, quando il secondo anello verde dello Stadio Meazza verrà occupato dai ragazzi di Don Rigoldi per il progetto “Io tifo positivo”.

In attesa degli eventi, Ladycalcio propone di cominciare a cambiare il soprannome della Juve: per favore, non chiamatela più “Signora”.

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