“Mai fermarsi, sempre andare avanti”: questo il motto della sua carriera e della sua vita.
Ma il momento dell’addio al calcio giocato è giunto inesorabile anche per lui, Oliver Kahn, sceso in campo per l’ultima volta nelle file del Bayern a 39 anni, dopo quasi 21 di onorata carriera, in un’amichevole contro la Nazionale tedesca disputata il 2 settembre all’Allianz Arena di Monaco di Baviera davanti a 69.000 spettatori.
Il Bayern di Toni, Podolski e Oddo contro la nuova Germania di Marin, Fritz e Helmes. Mancano, sulla scena e sul campo, i vecchi gloriosi compagni: Capitan Effenberg, Mario Basler, Giovane Elber e il tecnico Ottmar Hitzfeld, presenti solo in tribuna.
Dirige l’incntoro Markus Merk, il dentista più famoso di Germania, anch’egli all’addio. Kahn entra in campo a squadre già schierate, accolto da un’ovazione.
Figlio d’arte (il padre Rolf aveva militato nel Karlsruhe), aveva iniziato la carriera come libero. Era divenuto portiere per caso, trovandosi a sostituire il numero uno infortunato della sua squadra. Fu Winfried Schäfer, l’allora tecnico del Karlsruhe, sua città natale, a farlo esordire in Bundesliga contro il Colonia nel novembre 1987. Un esordio sfortunato, conclusosi con un passivo di 4 reti.
Tenacia caratteriale e volontà di ferro: queste le caratteristiche che gli sono valse i soprannomi di King Kahn e di “Titan” (titano). “Nessuna forza può superare quella insita in noi stessi”, afferma. E ancora: “Credo di aver sempre mostrato agli spettatori passione, amore e volontà: le mie qualità migliori, che spero rimarranno legate al mio nome”.
L’acquisto di Kahn nella stagione 1994-95 costa al Bayern la cifra-record di 4,6 milioni di marchi (2,3 milioni di Euro). “Come si fa a spendere tutti quei soldi per un portiere?”, sbotterà il “Kaiser” Franz Beckenbauer in dialetto bavarese.
Ma Kahn non si rivela un portiere qualunque, bensì uno dei migliori numeri 1 al Mondo di tutti i tempi. Parlano i dati: 557 partite nella Bundesliga, 86 presenze nella nazionale tedesca e un ricco palmarès: eletto 3 volte miglior portiere del Mondo, Kahn ha vinto 8 campionati tedeschi, 6 Coppe di Germania, 6 Coppe di Lega tedesche, 1 Champions League (2001), 1 Coppa Intercontinentale (2001), 1 Coppa Uefa (‘96); con la Germania, è stato Campione Europeo ’96 e Vicecampione Mondiale 2002.
Ma sul campo, si è sempre distinto anche per alcuni atteggiamenti che i commentatori tedeschi definiscono eufemisticamente “eccessi emozionali”. Ed ecco la TV riproporne una gustosa carrellata: il “Vul-Kahn” che morde il pallone, accenna a fare lo stesso con una guancia di Heiko Herrlich in un famoso incontro con il Borussia Dortmund, squadra contro cui si produce anche in un’uscita a gamba tesa in stile arti marziali valsagli l’appellativo di Kung-fu Kahn. E come non ricordare il guantone infilato nel naso a Miroslav Klose e il malvezzo di prendere per la collottola i suoi stessi difensori, con la variante di qualche avversario? Diviene così “Bananen-Olli”, l’”Oliver delle banane”, che i tifosi dell’Amburgo gli fanno fioccare copiose in area per sottolinearne i modi “da cavernicolo”.
Si sprecano gli aneddoti della lunga carriera. Freiburg, aprile 2000: Kahn, furibondo, si divincola trattenuto a stento dal Manager Hoeneß. Sanguina vistosamente dalla tempia sinistra dopo essere stato colpito da una pallina da golf lanciatagli contro da uno spettatore. Corre a bordo campo e la recupera al volo. Ironizzerà Mehmet Scholl, suo compagno di squadra: “Non para solo i palloni, ma anche le palline da golf”.
Amburgo, maggio 2001: Oliver Kahn corre a sradicare la bandierina del corner e si rotola sull’erba abbracciandola. Il Bayern è Campione di Germania dopo un lungo assedio in area avversaria e un pareggio allo scadere, quando il campionato già sembrava sicuro appannaggio dello Schalke 04. “Mai fermarsi, sempre andare avanti”, urla di gioia abbracciando Hitzfeld.
Il ricco pre-partita della seconda rete TV tedesca ZDF prevede interviste con numerosi volti noti del calcio. Del nostro campionato parlano Seedorf, Figo e Mourinho.
Poi, un servizio passa in rassegna le sue vittorie più esaltanti, prima fra tutte la Champions League 2001, conquistata a Milano ai calci di rigore nella finale contro il Valencia (parando 3 tiri dagli 11 metri), e le sue sconfitte più cocenti, fra cui quella nella finale di Champions League ’99, persa ai minuti di recupero contro il Manchester United, l’errore nella Finale Mondiale 2002, persa contro il Brasile, con la celebre immagine che lo ritrae sconsolato, seduto impietrito contro il palo della porta, e la relegazione a numero 2 dietro a Lehmann ai Mondiali casalinghi del 2006 da parte del ct Jürgen Klinsmann.
Fra i miei ricordi calcistici tengo cara una foto che mi immortala insieme ad Oliver Kahn. Ebbi l’occasione di scambiare due parole con lui proprio dopo i Mondiali 2006 e di osservarne da vicino il volto duro da gladiatore, segnato da mille battaglie, e lo sguardo fiero e un po’ torvo dei suoi occhi azzurro cielo. Ma il biondo portierone si illuminò di un sorriso compiaciuto non appena gli dissi di averlo sempre preferito a Lehmann nei mie scritti sulla rassegna iridata tedesca. Non mentivo.
Il Titano ha un rimpianto: quello di non essere mai riuscito a segnare un goal.Ci provò nel 2002 incaricandosi di un calcio di rigore contro l’Energie Cottbus, parato dal suo collega Piplica.
Nella partita d’addo, tutti danno per scontato il tanto atteso goal, che invece non arriva. Bayern- Germania termina 1-1 e l’ultimo a segnare contro Kahn è Piotr Trochowski. Il biondo numero 1 esce di scena al 75 minuto sulle note di Time To Say Goodbye, rimpiazzato da Michael Rensing, 24 anni, che raccoglie la sua eredità al Bayern.
Merk interrompe la partita per il lungo giro d’onore del Titano, che saluta lo stadio con una bandiera e una sciarpa del Bayern al collo. Poi, il discorso al pubblico: “Non so cosa dire… credo sia la cosa più grandiosa che ho vissuto in carriera” . “Oggi è stata l’apoteosi”, aggiunge ringraziando i sostenitori.
“Non sono il tipo che si mette a piangere”, aveva assicurato prima del match d’addio. E King Kahn, seppure con sforzi atroci, si dimostra di parola fino all’ultimo. Le lacrime, per contro, le versa copiosamente la tifoseria.
Il Titano lascia il terreno di gioco e sale la scalinata verso il tunnel degli spogliatoi, seguito dalla telecamera. Le immagini sono visibili sul maxischermo dello stadio, che ora è tutto un coro: “Olli, Olli!” . Il viso di Kahn è contratto, le lacrime trattenute a stento e rimandate, c’è da giurarlo, a più tardi, al primo momento di solitudine in cui sciogliersi liberamente in pianto lontano dall’occhio indiscreto della telecamera.
Soffre il telespettatore per lui. La telecamera lo segue fin negli spogliatoi: Olli si sfila i guantoni, beve un sorso e fa un sospiro, visibilmente commosso. “Non è più King Kahn, non è più il Titano”, commenta il telecronista tedesco, “è soltanto un uomo”.
Si slaccia le scarpette: “È finita”, sospira. Il coro dei 69.000 lo richiama fuori a gran voce e lui, dopo il fischio finale, ritorna sul campo. Si sprecano gli striscioni: “Danke Olli”, “Indimenticabile Olli”, “Olli ti vogliamo bene”, “Olli ci manchi già”, fino a “Oliver Kahn Forever Number One”, parafrasi del titolo dell’ex-inno del Bayern
Olli Kahn risale la scalinata: il gladiatore esce di scena vincitore su se stesso e sui suoi sentimenti. Rivelerà la sua sensazione più forte nel post-partita: era da sempre abituato, durante gli incontri, a sentire la tensione. Oggi, per la prima volta, non ha percepito alcuna tensione, ma solo l’affetto dei tifosi. “Un giorno che non dimenticherò mai”, ha scritto sul suo Sito Ufficiale.
Per il dopo-carriera, Kahn ha già assunto un impegno sociale nelle scuole, che visita per inculcare nei giovanissimi le giuste motivazioni, aiutandoli a combattere la violenza e la droga e offrendosi loro come supporto psicologico contro i problemi giovanili.
Negli ambienti del calcio tedesco si vocifera da tempo che sia destinato a subentrare a Uli Hoeneß come Manager del Bayern.
Ma all’atto dell’addio, Kahn già pensa a un nuovo esordio. Mai fermarsi, sempre andare avanti! Domani, 10 settembre, debutterà come opinionista della rete TV ZDF per commentare, da Helsinki, Finlandia-Germania.
Danke Olli, Auf Wiedersehen!
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