
Lo scorso 8 settembre, subito dopo la scomparsa di Elisabetta II d’Inghilterra, sul profilo Instagram del Liverpool era comparso questo post di condoglianze, con una foto in bianco e nero della regina che consegnava un trofeo all’allora Capitano dei Reds Phil Neal.
Prima delle esequie erano stati rispettati i canonici 11 giorni d’attesa, in cui la bara di Elisabetta (che qualche tabloid britannico aveva insinuato essere vuota), aveva fatto il giro del Regno Unito mobilitando cortei di auto, aerei, schiere di uomini della sicurezza, reporter di tutto il mondo e cittadini britannici da ogni dove.
Passato il clamore di quei giorni, si moltiplicano le voci sui costi esorbitanti dell’Operazione London Bridge. Se a Buckingham Palace si sono cuciti la bocca, le stime, secondo più fonti, sarebbero di diversi miliardi di euro. Uno schiaffo alla miseria in tempi di pandemia, guerra e crisi economica. E benché la sovrana abbia lasciato un suo fondo personale per il suo ultimo saluto ai sudditi, ha perso una grandissima occasione: quella di rompere con l’asfissiante cerimoniale e con le desuete tradizioni British, lasciando come sua ultima volontà un funerale sobrio e dimesso e devolvendo ai poveri il denaro dissipato in voli aerei pindarici, spari di cannone e ultramaratone della bara (vuota?) per le strade della Nazione.
Faccio notare che in Gran Bretagna, la regina (o il re) è anche capo religioso. Precisamente, capo della Chiesa Anglicana, che benché protagonista di uno scisma da quella da Roma, si proclama pur sempre cristiana. E fra i principi fondamentali del cristianesimo – lo sanno anche i sassi – c’è la carità. In altre parole, il dare ai poveri.
Tristemente, più che mai di questi tempi, quello che abbiamo visto è stato tutt’altro che un esempio di coerenza al cristianesimo.
Chi paga per il funerale della regina Elisabetta? Il costo finale rimane un mistero
https://tg24.sky.it/mondo/2022/09/19/funerale-regina-elisabetta-quanto-costa