In astronomia si chiama “terminatore”: è la linea grigia che delimita la parte della Terra e dei pianeti illuminata dal Sole da quella in ombra, che al tramonto avanza inesorabile mettendo fine al giorno.
Allo stesso modo il terminatore avanza per tutti noi e non c’è divo o eroe che tenga: nessuno è immortale e davanti alla morte siamo tutti uguali.
I tifosi si illudono che per certi “dei” dell’Olimpo il momento non debba mai arrivare, o peggio, se ne illudono gli stessi “dei”.
La morte di Maradona ha suscitato in tutto il mondo profondo cordoglio, costernazione e incredulità, benché il campione si trovasse da tempo in “zona crepuscolare”.
Sempre più gonfio, appesantito e malconcio, il Pibe de Oro l’aveva scampata più volte, grazie vuoi alla pazienza del destino, vuoi alle solerti cure mediche di costosi centri specializzati preclusi ai comuni mortali.
Ora, inesorabile, è arrivato il fischio finale. Sul “calciatore più grande di tutti i tempi” si spengono i riflettori e cala il sipario: la partita della vita è terminata.
Il fragore degli stadi lascia il posto al silenzio, l’osannante moltitudine alla solitudine di trovarsi, come tutti i mortali, in un’altra dimensione solo davanti a Dio. E sai quanto conta, in quel momento, se sei “Pallone d’Oro alla Carriera” o se ti intitolano lo Stadio San Paolo.
Al di là dei suoi eccessi Diego aveva un cuore grande e sensibile e di bene ne ha fatto tanto. Il male l’ha fatto a se stesso, vivendo in modo sregolato quella vita che gli aveva regalato tutto: successo, soldi e gloria.
Si conferma che la felicità non sta in questo e che vittorie e ricchezze sono l’effimero per antonomasia: stordiscono, anestetizzano i problemi interiori, rivestono di un illusorio alone divino e pongono su un piedistallo sempre più alto dal quale è rovinoso cadere. Intanto, il terminatore avanza.
Già vittima della droga, lontano dai campi Maradona era caduto anche nell’alcol, nella depressione e nella dipendenza da farmaci, che ne avevano irrimediabilmente minato il fisico e la mente. Le sue ultime apparizioni facevano stringere il cuore a pensare a ciò che era stato sui campi di gioco.
Eppure continuava – e continua più che mai – ad essere idolatrato e assimilato al divino, come dimostra l’”edicola votiva” di Napoli che ne contiene un “capello miracoloso” a mo’ di reliquia, meta di pellegrinaggi, insieme alle effigi dei due scudetti, della Coppa Uefa e della Coppa Italia regalati al Napoli come altrettanti “miracoli”, il tutto inframmezzato da immagini della Madonna e di San Gennaro. Oggi, in prima pagina l’Equipe titola: “Dieu est mort” (Dio è morto).
Il 25 novembre, data della sua morte, lo assimila al calciatore “maledetto” George Best e all’amico Fidel Castro, morti nello stesso giorno rispettivamente 15 e 4 anni fa. Combinazioni probabilmente casuali, che invitano tuttavia a riflettere su tre esistenze disordinate orientate al successo effimero a scapito dei veri valori. E soprattutto, a non cadere nell’errore di idolatrare simili personaggi e i loro eccessi.
Ci aveva visto giusto il grande Rudyard Kipling, che nella poesia “Se”, una lettera al figlio, assimilava il trionfo e la sconfitta definendoli “due impostori”, che devi saper gestire per essere un uomo.
L’immagine che più colpisce ora è quella dell’idolo Maradona, osannato da tutto il mondo, spogliato dei suoi successi: uno qualunque, nell’immensa moltitudine umana.
Sic transit gloria mundi. Questa dev’essere la lezione.
Lettera a un figlio: la poesia ‘Se’, di Rudyard Kipling
Diretta dalla camera ardente
Gli eccessi di Maradona
http://www.quicampania.it/mauriziodegiovanni/edicola-votiva.html
La notizia della morte e le reazioni
https://www.repubblica.it/sport/calcio/2020/11/25/news/morto_maradona_reazioni-275778532/
https://www.calciomercato.com/news/notizia-choc-dall-argentina-e-morto-maradona-93637
https://www.napolitoday.it/cronaca/maradona-morto-sallusti.html
https://www.napolitoday.it/cronaca/maradona-morte-pausini.html