Carico, spigliato, bello come il sole. La pelle del viso liscia, l’espressione sorridente e distesa. Avvenenza a parte, l’ultima generazione degli allenatori dell’Inter ha sempre esordito così.
L’italiano è perfetto, la dialettica e la proprietà di linguaggio da fare invidia a tanti giornalisti o conferenzieri nostrani più o meno illustri.
“Cercavo il grande stimolo, la grande sfida”; ”era impossibile dire di no”; “mi sento un privilegiato”, afferma Leonardo in merito all’incarico di sedere sulla panchina dell’Inter: “una situazione affascinante”, “un sogno”, in vista del quale si definisce “carico, felice, entusiasta”.”Il campionato è lungo” e il nuovo mister crede ancora nello scudetto. Il Presidente Moratti se lo beve compiaciuto dalla prima fila della sala stampa di Appiano Gentile.
Fin qui, potrebbero sembrare i proclami tipici del tecnico fresco di ingaggio.
Oltre alla presenza, tuttavia, Leo dimostra intelligenza. L’uomo-Milan, vissuto 13 anni a Milano sull’altra sponda del Naviglio, sa riproporsi in chiave nerazzurra senza snaturarsi cadendo nel tranello di chi gli domanda se non si sia mai sentito “un interista latente”: “Io ho tante cose in comune con il Milan”. “Io ringrazierò il Milan per tutta la vita”, per il quale “ho fatto il giocatore, il dirigente e l’allenatore”.
Colto, abile, scaltro, Leonardo è protagonista di una presentazione riuscitissima a 360 gradi e di forte impatto sulla tifoseria nerazzurra. Senza le esagerazioni di Mourinho, che Leo, furbescamente, non trascura di indorare: “Io l’ho chiamato perché credo che arrivare all’Inter senza passare da José sia impossibile. José è ovunque” (e purtroppo, c’è da credergli, ndr). Leo lo definisce “una persona che spiritualmente è presente”. Un aspetto che, sin dall’inizio, ha condizionato negativamente Benitez.
Leonardo si definisce tuttavia una “persona libera”, nel suo ruolo e nelle sue scelte. Gli auguriamo di non soffrire a sua volta di questo condizionamento e di riuscire nell’impresa di rivitalizzare la spenta Inter pur avendo all’attivo una sola precedente esperienza da allenatore.
Da ragazzo intelligente, il tecnico brasiliano è consapevole di aver assunto un “ruolo molto delicato”. Esaurito il forte impatto mediatico della bella presenza, dell’eccellente comunicativa e del primo allenamento a porte aperte, ora è condannato a vincere. Questo, in un ambiente non facile, del quale ancora deve prendere coscienza.
Lo stesso ambiente che ha fatto apparire invecchiato di 10 anni Mancini, ha disegnato rughe e borse sotto gli occhi sul volto di Mourinho e ha trasformato l’abbronzatura sarda di Benitez in un rossore imbarazzato.
“Questa squadra è fatta”, ha affermato Leonardo. L’aveva pensato anche Rafa. Spetta ora a Leo dimostrare che per “fatta” non debba intendersi “finita”.
(La foto è tratta dal Sito ufficiale di FC Internazionale, inter.it)