La settimana del Capitano NON VISTA dai siti di tifo.
Viene da pensare che Zanetti, a un certo punto della sua vita, abbia trovato la lampada di Aladino, e che da quel momento, il Genio della lampada abbia perseguito ogni suo desiderio come un ordine. Unica defaillance del Genio, rimasto fulminato dall’incontro con Papa Francesco di tre giorni prima, l’infortunio di Palermo del 28 aprile scorso. O forse, chissà, a lanciare il fulmine sul tendine d’Achille del Capitano era stato qualcuno più in alto, contrariato dall’ennesimo favoritismo “estorto” da Pupi, Pupa e pupilli e intenzionato a riprecipitare sulla Terra l’aspirante semidio con la maglia numero 4.
Lungi dall’aver compreso la lezione, a meno di 200 giorni dalla rottura dell’Achilleo, il 40enne “protetto” del Genio rilancia alla grande, giocando a fare il marziano.
Una premessa per non essere fraintesa. È innegabile che il Capitano nerazzurro sia un atleta eccezionale, un professionista-perfezionista e una personalità vincente, a cui tutti auguriamo una perfetta ripresa.
Ciò che non convince è la smania di un ritorno-record – l’ennesimo – a tutti i costi. E se dopo la débacle post-papale il fedele Genio si è prodigato confezionandogli su misura la perfetta rentrée per l’ultima di Moratti – con tanto di assist vincente -, a 40 anni come a 20 la ricostruzione di un tendine d’Achille dovrebbe rispettare i tempi fisiologici di guarigione dei terrestri e non, per esaltanti siano, quelli dei marziani.
L’impressione è che il Capitano 40enne, minato (non soltanto) nel fisico dal grave infortunio, cerchi di dimostrare a se stesso prima ancora che alla sua platea di essere Superman. Insomma, che dietro la sua attuale ubiquità mediatica si celi l’inquietudine che “Big Ben” – per usare un’espressione cara ad Enzo Tortora – “abbia detto stop”.
“Stop” contro il Livorno avrebbe voluto dirlo Jonathan, costretto a rimanere in campo con i crampi e a rischiare uno stiramento muscolare dopo che Mazzarri, a sua volta “costretto” a furor di popolo a inserire Zanetti in una partita ostica e ancora in bilico, aveva esaurito i cambi.
Ora, se i tempi fisiologici di recupero non sono favole, vi dico la mia. Zanetti avrebbe ripreso a correre il 16 agosto (il condizionale è d’obbligo), dopo 109 giorni di astinenza dalla corsa trascorsi in buona parte con il gesso e il tutore. Dopo di che, a poco più di 100 giorni dai primi timidi appoggi di jogging, rieccolo in campo.
Che il Genio della lampada abbia stravolto anche i tempi di recupero agonistico? Parlo dei tempi necessari al riadattamento fisiologico dell’apparato locomotore alle sollecitazioni della corsa, alla corretta biomeccanica, al progressivo crescendo delle andature (legato ai delicati meccanismi delle spinte, degli angoli d’appoggio, dell’estensione del tendine, della forza peso scaricata su di esso, ecc…). Parlo delle indispensabili fasi di recupero fra i vari step. Parlo non di un podista amatore che riprende a correre il lungo lento su fondo omogeneo, ma di un calciatore professionista chiamato a compiere scatti, brusche frenate e scarti in laterale su terreno erboso: una bella sfida per un tendine Achilleo rottosi da solo – evidentemente logoro – e appartenente a un atleta “muscolare”(come abbiamo appena visto per Milito, il rientro da un intervento a un legamento o a un tendine è particolarmente a rischio per la muscolatura limitrofa).
Zanetti, diplomaticamente bugiardo o scaramantico che sia, non si accontenterà certo di un rientro da Cenerentolo in stile Materazzi 2007, relegato agli scampoli finali delle partite anonime. Zanetti dà tantissimo, ma chiede tantissimo – troppo – a se stesso. Ora, se vuole prolungare la sua favola bella, non deve correre più dell’orologio biologico. Poiché proprio come accade nelle favole, c’è il rischio che il primo rintocco di mezzanotte spezzi l’incantesimo.
Nella perfetta concatenazione della settimana di Javier, il Genio della lampada aveva inserito anche il 12° compleanno della Fondazione Pupi, festeggiato in pompa magna giovedì 7 novembre fra lussuosi tavoli rotondi imbanditi degni di Re Artù e dei suoi Cavalieri.
Un pugno nell’occhio pensando alla miseria delle favelas che la Fondazione si propone di combattere. 5 domande:
1) 1) Quanto è costato il mega-banchetto? Non sarebbe stato meglio devolvere quel denaro a chi muore di fame?
2) 2) A chi immancabilmente rispondesse che l’evento è stato un’occasione per organizzare contatti, aste e donazioni, giro la 3^ domanda:
3) Per raccogliere fondi è proprio indispensabile“suonare le trombe”? Posto che Zanetti è un personaggio conosciutissimo a cui i contatti non mancano, chi è intenzionato a donare non potrebbe farlo con più riservatezza? Che senso ha creare situazioni paradossali come quella dei due giocatori Inter che hanno vinto un biglietto d’ingresso al derby che probabilmente giocheranno?
P 4) D’accordo che il Capitano chiama a raduno al suon di tromba, ma per Maurito Icardi operato 2 giorni prima (!) di ernia inguinale non sarebbe stato meglio rimanere a riposo a casa?
1) 5) D’accordo l’Argentina, ma quando vedremo Capitan Zanetti, reso ricco e famoso dall’Italia, intraprendere un’iniziativa benefica a favore di una realtà povera italiana?
Per finire, i link a due post esclusivi sulla Fondazione PUPI – altre osservazioni che non leggerete altrove:
La maglia di Zanetti sulla bara di Daniel: Calcio e Parole chiede un chiarimento:
http://bit.ly/hpX1SN
Risponde la Fondazione Pupi: quante incongruenze!
http://bit.ly/fOzHhY